Stai progettando un’interfaccia, un sito web o un’app, e ti ritrovi ossessionato dall’idea di renderla più semplice possibile. Rimuovi un pulsante qui, elimini un’opzione là, nascondi tutto quello che potrebbe confondere l’utente. Alla fine, guardi il risultato e pensi: “Perfetto, ora è super pulito e minimale”.
Poi arriva il feedback degli utenti e ti rendi conto che, nel tentativo di semplificare tutto, hai creato qualcosa di completamente inutilizzabile. Gli utenti non riescono a fare quello che vogliono fare, si perdono, abbandonano il sito. Ti suona familiare?
Questo scenario non è solo comune, è praticamente inevitabile se non conosci uno dei principi fondamentali più importanti dell’UX design: la legge di Tesler. Questa legge non ti dirà solo come evitare questo errore, ma ti cambierà completamente il modo in cui approcci il design di qualsiasi interfaccia.
La legge di Tesler: l’insight che ha rivoluzionato l’UX design
La legge di Tesler, conosciuta anche come Legge di Conservazione della Complessità, è stata formulata da Larry Tesler negli anni ’80 mentre lavorava per Xerox PARC. Tesler, che è stato anche uno dei pionieri dietro il concetto di “copia e incolla”, aveva capito qualcosa di fondamentale che sfuggiva a molti suoi colleghi.
La legge di Tesler afferma che: “In ogni sistema esiste una quantità intrinseca di complessità che non può essere ridotta o eliminata. Questa complessità deve essere gestita dal sistema stesso oppure trasferita all’utente”.
In parole più semplici: non puoi far sparire la complessità, puoi solo decidere dove metterla. È come se avessi una quantità fissa di sabbia da distribuire tra due contenitori: se ne togli da uno, automaticamente ne aggiungi nell’altro.
Questo insight ha rivoluzionato l’approccio all’UI design e all’UX design. Prima di Tesler, molti designer pensavano che la soluzione fosse sempre semplificare l’interfaccia utente. Dopo Tesler, abbiamo capito che la semplicità superficiale può nascondere una complessità devastante.
Perché non puoi eliminare tutta la complessità (e non dovresti nemmeno provarci)
Facciamo un esempio concreto che ti chiarirà tutto. Immagina di dover progettare un’interfaccia per prenotare un volo. La versione “semplificata” potrebbe avere solo tre campi: partenza, destinazione, data. Pulito, minimale, bellissimo da vedere.
Ma cosa succede quando l’utente vuole prenotare un volo di andata e ritorno? O quando vuole specificare gli orari preferiti? O quando viaggia con bambini che hanno bisogno di posti speciali? Improvvisamente, quella interfaccia “semplice” diventa frustrante e inutile.
La legge di Tesler ci insegna che quella complessità che hai rimosso dall’interfaccia non è sparita: si è trasferita sull’utente, che ora deve fare più telefonate, aprire più schede del browser, perdere più tempo per ottenere quello che vuole.
Questo è esattamente quello che intendeva Tesler quando diceva che un ingegnere dovrebbe spendere una settimana in più per ridurre la complessità di un’applicazione, piuttosto che far perdere un minuto extra a milioni di utenti. Il costo della complessità si moltiplica per ogni persona che usa il tuo prodotto.
Come decidere dove mettere la complessità: sistema vs utente
La domanda cruciale diventa: come decidi dove posizionare questa complessità inevitabile? La risposta dipende da tre fattori che devi sempre considerare nei tuoi progetti di UX design.
Il primo fattore è la frequenza d’uso. Le azioni che gli utenti compiono spesso devono essere immediate e semplici, anche se questo significa nascondere complessità nel backend. Le azioni rare possono permettersi di essere più articolate. Amazon ha capito perfettamente questo principio: l’acquisto con un click è semplicissimo, ma dietro c’è una complessità enorme di algoritmi, database e logistica.
Il secondo fattore è il contesto dell’utente. Un chirurgo che usa un software durante un’operazione ha bisogno di controlli precisi e dettagliati, anche se questo rende l’interfaccia più complessa. Un utente che cerca di comprare un regalo velocemente ha bisogno del contrario. La legge di Tesler ti dice di adattare la distribuzione della complessità al contesto.
Il terzo fattore è la capacità del sistema. A volte è tecnicamente impossibile nascondere certa complessità. Meglio essere onesti con l’utente e guidarlo attraverso un processo articolato, piuttosto che promettere semplicità e poi deluderlo.
Esempi concreti che ti faranno capire tutto in 30 secondi
Google Search è forse l’esempio più brillante di applicazione della legge di Tesler. L’interfaccia che vedi è di una semplicità disarmante: una barra di ricerca e due pulsanti. Ma dietro quella semplicità c’è una delle architetture più complesse mai create dall’uomo.
Google ha scelto di assorbire tutta la complessità nel sistema: algoritmi di ranking, machine learning, elaborazione del linguaggio naturale, indicizzazione di miliardi di pagine. Il risultato? L’utente può fare ricerche sofisticatissime digitando semplicemente quello che gli passa per la testa.
Dall’altra parte dello spettro abbiamo Photoshop. Adobe ha fatto la scelta opposta: trasferire molta complessità all’utente. L’interfaccia è densa, piena di strumenti, opzioni, menu. Perché? Perché il loro target sono professionisti che vogliono avere accesso a quella complessità. Nasconderla significherebbe limitare le loro capacità creative.
Entrambi gli approcci applicano correttamente la legge di Tesler, ma distribuiscono la complessità in modo diverso in base al loro target e obiettivi.
L’arte di nascondere la complessità senza frustrare l’utente
Quando decidi di assorbire complessità nel sistema per semplificare l’esperienza utente, devi farlo con intelligenza strategica. Non basta nascondere le opzioni avanzate in un menu; devi creare un’architettura dell’informazione che guidi naturalmente l’utente.
Una tecnica potente è la progressiva disclosure: mostri inizialmente solo le opzioni essenziali, ma rendi facilmente accessibili quelle avanzate per chi ne ha bisogno. I moduli di registrazione ben progettati usano questo principio: campi obbligatori visibili, campi opzionali accessibili con un click.
Un’altra strategia è l’automazione intelligente. Invece di chiedere all’utente di configurare manualmente ogni dettaglio, il sistema può imparare dalle sue azioni e proporre configurazioni appropriate. Spotify fa questo alla perfezione: non ti chiede di categorizzare manualmente la tua musica, ma impara dai tuoi ascolti e ti suggerisce playlist personalizzate.
Il feedback contestuale è altrettanto importante. Quando l’utente sta navigando attraverso un processo complesso, deve sempre sapere dove si trova e cosa può aspettarsi dopo. I principi fondamentali dell’UI design ci dicono che l’incertezza è il nemico numero uno dell’usabilità.
Gli errori più comuni (che probabilmente stai commettendo anche tu)
Il primo errore è quello che chiamo “minimalismo cieco”: rimuovere elementi dall’interfaccia senza considerare dove va a finire quella complessità. Ho visto designer eliminare campi di ricerca avanzata per “pulire” l’interfaccia, costringendo poi gli utenti a fare ricerche multiple per trovare quello che cercavano.
Il secondo errore è l’opposto: “feature creep senza strategia”. Aggiungere ogni funzionalità richiesta senza considerare come questo impatta l’esperienza complessiva. La legge di Tesler ti dice che ogni nuova feature aggiunge complessità da qualche parte; devi decidere consapevolmente dove.
Un errore più sottile è progettare per l’utente ideale razionale invece che per persone reali. Gli utenti reali fanno errori, si distraggono, usano il tuo prodotto in contesti imprevisti. Bruce Tognazzini ha notato che quando semplifichi troppo un’interfaccia, gli utenti iniziano automaticamente a tentare operazioni più complesse, creando nuova confusione.
Come applicare la legge di Tesler ai tuoi progetti da domani
Per applicare efficacemente la legge di Tesler nei tuoi progetti, inizia sempre con un’analisi della complessità intrinseca. Fai una lista di tutti i compiti che il tuo sistema deve permettere e identifica quali sono veramente essenziali per il tuo target principale.
Per ogni funzionalità complessa, chiediti: “Questa complessità può essere gestita dal sistema o deve essere esposta all’utente?”. Se può essere gestita dal sistema, investi tempo nello sviluppo di automazioni e intelligenza artificiale. Se deve essere esposta all’utente, progetta flussi che la rendano comprensibile e gestibile.
Testa sempre con utenti reali. La teoria è importante, ma solo gli utenti reali possono dirti se hai distribuito la complessità nel modo giusto. Osserva dove si bloccano, dove abbandonano, dove fanno errori. Questi sono segnali che la complessità non è distribuita ottimalmente.
Ricorda che la legge di Tesler non è una formula matematica, ma una lente interpretativa. Ti aiuta a prendere decisioni consapevoli sulla complessità invece di subirla passivamente. Ogni volta che progetti un’interfaccia, ricordati che stai essenzialmente decidendo come distribuire un “budget di complessità” fisso.
L’obiettivo non è eliminare la complessità, ma posizionarla dove può fare meno danni e più benefici. Quando riesci a farlo bene, crei prodotti che sembrano magicamente semplici ma sono incredibilmente potenti. E quello, alla fine, è il vero obiettivo di ogni grande UX design.
Hai dubbi su come ottimizzare la User Experience del tuo progetto?
Se questo articolo ti ha fatto riflettere su come stai gestendo la complessità nei tuoi progetti, non sei solo. La distribuzione intelligente della complessità secondo la legge di Tesler è una delle sfide più delicate dell’UX design moderno.
Che tu stia lavorando su un sito web, un’app o una piattaforma digitale, ogni decisione di design ha conseguenze sulla tua capacità di acquisire e mantenere clienti. Una User Experience mal progettata può costare vendite, credibilità e opportunità di crescita.
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